MONOLOGO SULL’EGOISMO

Caro lettore,

se hai a cuore la serenità, la gioia e le storie che si concludono con finali lieti, ti consiglio vivamente di chiudere questo racconto e dedicarti a qualcosa di più confortante, come un video di teneri gattini o una guida alla meditazione.

Quella che sto per raccontarti non è una favola spensierata né un manuale per raggiungere la felicità eterna. È, invece, una storia cupa e intricata che ruota attorno a tre fratelli, i cui destini sono intrecciati come i fili di una ragnatela tessuta con il filamento della sopravvivenza e il nodo delle scelte.

I loro nomi? Egoismo Sano, Egoismo Malsano e Altruismo. Se questi nomi ti sembrano bizzarri, ti assicuro che lo sono molto meno delle loro vite, che scorrono come fiumi tortuosi, pieni di rapide inaspettate, vortici pericolosi e, di tanto in tanto, un placido lago dove rifiatare... ma non per molto.

Questi tre fratelli non sono eroi, non sono santi, e certamente non sono modelli di virtù.

Sono figli di una madre chiamata Sopravvivenza e di padri diversi, il che rende la loro già complessa esistenza ancora più... come dire... caotica.

Pensate a una famiglia che non litiga solo per chi deve lavare i piatti, ma anche per definire cosa significhi essere una persona decente.

Se deciderai di andare avanti, ti ritroverai a scoprire i dettagli delle loro vite: il modo in cui Egoismo Sano lotta per bilanciare il suo rispetto per sé stesso e per gli altri, il modo in cui Egoismo Malsano si infiltra nei cuori altrui come un ladro d’appartamenti, e come Altruismo, povero, fragile Altruismo, si perde in un mare di buone intenzioni che, come spesso accade, non conducono al paradiso ma a un inferno ben arredato.

Ti avverto, questa storia non garantisce soddisfazione, redenzione o giustizia. Ma, d'altra parte, se continuerai a leggere questo racconto, forse troverete una parte di te stesso riflessa in uno di questi tre fratelli. E questo, mio caro lettore, potrebbe essere la rivelazione più inquietante di tutte.

Se hai avuto il coraggio (o l’imprudenza) di superare l’introduzione, lascia che ti presenti i tre fratelli. Non aspettarti valorosi cavalieri, né dolci eredi di un regno incantato, perché questi tre non sanno nemmeno come si indossa un’armatura, e l’unico regno che hanno è una casa piena di conflitti, bugie e, occasionalmente, un pasto troppo salato.

I loro nomi sono Egoismo Sano, Egoismo Malsano e Altruismo. Una triade curiosa, figli di una madre chiamata Sopravvivenza e di padri diversi, che (come spesso accade nei casi di genitori problematici) hanno reso la vita dei tre una girandola di scelte sbagliate, opportunità mancate e scampoli di saggezza tardiva.

Egoismo Sano e Egoismo Malsano erano gemelli eterozigoti, il che significa che, pur avendo lo stesso DNA di base, erano diversi quanto una giornata di sole e una tempesta di grandine. Entrambi erano cresciuti con un padre duro e una madre inaffettiva, due pilastri di una casa costruita sull’idea che nessuno si prenderà cura di te, se non te stesso. Questa convinzione, che inizialmente li univa, finì per trasformarsi in una fessura che li separò irrimediabilmente. Come una crepa nel muro che, allargandosi, prende diverse diramazioni.

A scuola, Egoismo Sano non era certo uno studente modello. Non perché fosse stupido (tutt’altro!) ma perché aveva sviluppato una diffidenza nei confronti di ogni tipo di autorità. Gli insegnanti gli ricordavano troppo il padre: ordini incomprensibili, aspettative irragionevoli e la fastidiosa abitudine di giudicare in modo estremamente distaccato. Così, sebbene la sua mente fosse brillante e curiosa, preferiva leggere libri per proprio conto e discutere ciò che aveva imparato con gli amici, piuttosto che completare compiti assegnati da persone che considerava “guardiani della mediocrità.” Nonostante la sua disapprovazione nei confronti di tutto il sistema scolastico, riuscì comunque a diplomarsi, ovviamente con il minimo dei voti e soltanto perché desiderava concludere quella tortura per passare a quella che lui definiva “la vita vera”.

Egoismo Malsano, al contrario, era astuto. Aveva capito presto che fingere di essere un bravo studente era più efficace che esserlo davvero. Copiava durante i compiti in classe, ricattava i compagni più intelligenti per farsi aiutare e si guadagnava i voti alti con una combinazione di charme superficiale e manipolazione subdola. A casa, non leggeva mai: non trovava utile imparare nulla che non servisse a risolvere un bisogno immediato. Perché leggere un libro, quando puoi convincere qualcuno a raccontarti il finale?

Le cose si complicarono quando Sopravvivenza decise di lasciare il marito (il burbero padre Istinto) per sposare un nuovo uomo chiamato Offerta. Da questa unione nacque il terzo fratello, Altruismo.

Altruismo crebbe in un ambiente completamente diverso rispetto ai suoi fratellastri. Offerta era un genitore affettuoso, fin troppo protettivo, che spianava ogni ostacolo sul cammino del suo figlioletto. Questo significava che Altruismo non dovette mai affrontare difficoltà reali da piccolo, cosa che (come ogni buon psicologo potrebbe confermarvi) non è mai una buona idea. Quando un bambino non affronta sfide, cresce insicuro, incapace di capire il proprio valore.

A scuola, Altruismo era un secchione, ma non per passione. Studiava solo perché gli altri gli avevano detto che era la cosa giusta da fare. Voleva piacere a tutti, quindi obbediva a qualsiasi richiesta, anche quando non ne aveva minimamente voglia. Questa inclinazione lo rendeva il bersaglio preferito dei bulli e, purtroppo, del fratellastro Egoismo Malsano.

Quando i tre fratelli si ritrovavano sotto lo stesso tetto, la dinamica era, per usare un eufemismo, tossica. Egoismo Malsano trovava sempre modi per sfruttare la gentilezza di Altruismo, evitava ogni compito in casa e si inventava scuse elaborate per non fare nulla. Altruismo, naturalmente, cadeva in tutte le trappole, convinto che aiutare il prossimo fosse sempre la cosa più giusta da fare.

Ricordo una cena particolarmente significativa: Egoismo Malsano, fingendosi esausto, convinse Altruismo a cucinare al posto suo. Il poveretto si mise ai fornelli con impegno, ma, nella fretta, aggiunse troppo sale. Egoismo Sano, osservando la scena, apprezzò comunque il gesto e lo ringraziò con una gentile critica costruttiva. Egoismo Malsano, invece, si lamentò per ore, accusando il fratello di incompetenza, dimenticandosi convenientemente che lui non aveva mosso un dito per preparare quel pasto.

Gli anni passarono, e i tre fratelli crebbero. O meglio, uno di loro crebbe mentre gli altri rimasero fermi.

Egoismo Sano, fin da giovane, aveva compreso un principio fondamentale: dire di no non significa essere insensibili, ma rispettare il proprio volere e, in ultima analisi, anche quello degli altri. Ciò non lo rese particolarmente popolare. Gli amici, i colleghi e persino i familiari erano abituati a chiedere continuamente qualcosa: un favore, un consiglio, una mano per sollevare il peso delle loro scelte. Ma Egoismo Sano, a differenza del fratello minore Altruismo, sapeva che accettare ogni richiesta avrebbe significato sacrificare il proprio tempo e i propri valori.

Questo suo approccio, spesso criticato, nascondeva però una virtù profonda: il rispetto. Egoismo Sano non solo rispettava il proprio tempo, ma, proprio per questo, rispettava anche quello altrui. Non avrebbe mai preteso che qualcuno rinunciasse ai propri sogni, desideri o impegni per lui. Non organizzava mai piani che costringessero gli altri a seguirlo, né cercava di manipolare le scelte altrui per il proprio tornaconto. Credeva fermamente che ognuno fosse libero di fare le proprie scelte, a patto di accettarne le conseguenze.

Egoismo Malsano, al contrario, percorse una strada opposta. Invece di imparare a rispettare il tempo e i confini degli altri, divenne un maestro nell’imporre il proprio volere con ogni mezzo possibile. Non gli interessava se i suoi desideri costringevano gli altri a sacrificarsi; anzi, era convinto che fosse un suo diritto.

Una volta, invitò i fratelli a una festa di compleanno organizzata all’ultimo minuto. Pretese che Egoismo Sano cancellasse un’importante riunione di lavoro e che Altruismo si occupasse di cucinare tutto il buffet. Quando Egoismo Sano si rifiutò, spiegando che non era possibile riorganizzare i suoi impegni all’improvviso, Egoismo Malsano si infuriò, accusandolo di non tenere alla famiglia. E quando Altruismo accettò senza protestare, Malsano non gli diede nemmeno un grazie, come se fosse naturale che qualcun altro si sobbarcasse il peso delle sue scelte.

Col passare del tempo, Egoismo Malsano diventò sempre più abile nel manipolare gli altri, giocando con il senso di colpa e il bisogno di approvazione. Diceva cose come:

“Se mi volessi davvero bene, faresti questo per me.”

O peggio:

“Non è colpa mia se non riesci a dire di no; significa che in fondo lo vuoi fare.”

Questa strategia gli permise di ottenere ciò che voleva, ma a caro prezzo: la solitudine. Chi lo frequentava lo faceva per obbligo o paura, e ogni relazione che costruiva finiva per crollare sotto il peso della sua incapacità di dare senza pretendere qualcosa in cambio.

E poi c’era Altruismo. Il povero terzo fratello, così gentile e così facilmente plasmabile, non aveva mai imparato a dire di no. Accettava qualsiasi richiesta gli venisse fatta, fosse ragionevole o meno, perché era convinto che il suo valore dipendesse dall’essere utile agli altri. Non aveva un proprio volere; semplicemente adottava quello degli altri come se fosse il suo.

Quando Egoismo Malsano gli chiedeva di fare qualcosa, Altruismo obbediva senza esitazione. Quando Egoismo Sano cercava di spiegargli che era importante mettere dei limiti, Altruismo si sentiva in colpa solo a pensarci.

Una volta, un collega di lavoro approfittò di lui per mesi, facendogli fare la maggior parte del lavoro in un progetto comune. Altruismo accettò, anche se questo significava lavorare fino a tardi ogni sera, rinunciando al tempo libero e a qualsiasi forma di riposo. Quando finalmente chiese un po’ di riconoscimento per i suoi sforzi, il collega si limitò a rispondere:

“Non ti ho obbligato a farlo. Sei stato tu a decidere di aiutarmi.”

Quella frase, sebbene ingiusta, era terribilmente vera. Altruismo non sapeva dire di no, e questa sua incapacità lo condannava a una vita in cui i suoi bisogni non venivano mai presi in considerazione.

Un giorno, durante una cena di famiglia, i tre fratelli si trovarono a discutere delle loro vite. Egoismo Sano parlò con orgoglio delle sue scelte, spiegando che il suo obiettivo non era mai stato quello di essere “perfetto” o “piacere a tutti,” ma semplicemente di vivere in equilibrio, rispettando sé stesso e gli altri.

Egoismo Malsano, invece, si lamentò di quanto fosse difficile trovare persone “affidabili,” accusando il mondo intero di essere egoista – un’accusa ironica, considerando il suo comportamento.

Altruismo, come sempre, rimase in silenzio. Guardò i suoi fratelli, consapevole di non avere una vera identità. Non era né come Egoismo Sano, capace di vivere secondo i propri valori, né come Egoismo Malsano, in grado di manipolare gli altri per ottenere ciò che voleva. Era un’ombra, un riflesso dei desideri altrui.

Fu allora che Egoismo Sano disse una frase che rimase impressa nella mente di Altruismo:

“Sai, dire di no non significa ferire gli altri. Significa avere rispetto per sé stessi. E se non rispetti te stesso, nessun’altro lo farà.” “Ma io rispetto gli altri!” rispose Altruismo. “Tu non rispetti gli altri”, ribattè Egoismo Sano, “li compiaci”.

Quella frase, per quanto semplice, aprì uno spiraglio nel cuore di Altruismo. Ma cambiare, come avrebbe presto scoperto, non è mai facile.

Egoismo Sano, con la sua filosofia di vita che lo portò ad un continuo dialogo interiore, trovò un equilibrio tra il rispetto individuale e quello altrui. Sposò una donna straordinaria chiamata Consapevolezza, e insieme ebbero due figli: Autenticità e Responsabilità. La loro famiglia viveva in armonia, costruendo relazioni basate sulla sincerità e il rispetto reciproco.

Egoismo Malsano, invece, non cambiò mai. Continuò a sfruttare chiunque gli capitasse a tiro, ma, proprio per questo, non riuscì mai a costruire legami duraturi. Tornava sempre a casa, dove Altruismo lo aspettava, pronto a sacrificare ogni briciolo di sé per compiacere un fratello che non lo avrebbe mai apprezzato.

Altruismo, ahimè, non trovò mai la forza di liberarsi. Non aveva tempo per costruire una vita propria, troppo impegnato a risolvere i problemi degli altri. Si illudeva che il suo valore dipendesse dal dover fare la cosa giusta per il mondo, dimenticandosi di capire cosa fosse la cosa giusta per lui. Inutile dire che questa convinzione lo lasciò vuoto e insoddisfatto.

Egoismo Sano fu l’unico a trovare la vera indipendenza, il solo a capire che non si può amare il prossimo senza amare sé stessi.

E questo è tutto, mio caro ascoltatore.

Ti avevo avvertito: quella che hai sentito non è una storia felice. Ma, se posso darti un piccolo consiglio, sii come Egoismo Sano. Non avere paura di dire “no,” di rispettare il tuo tempo e i tuoi sogni. Altrimenti, potresti ritrovarti come Altruismo, a vivere per gli altri e dimenticarvi di voi stessi, o come Egoismo Malsano, a camminare solo su una strada lastricata di paura ed odio.

Se questa storia ti ha lasciato un retrogusto amaro, non preoccupateti: era esattamente il mio intento.

Con amore,

Marco

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La mia anima non è in vendita